lunedì 1 dicembre 2008



L’appello lanciato da Urbino: comunisti e comuniste uniamoci!

di Leonardo Pegoraro, coordinatore Giovani Comunisti PRC di Urbino

già pubblicato sul sito de L'ernesto

Report dell’iniziativa de l’Ernesto “scenari della crisi globale”, Urbino 21 novembre 2008

«Nel 1453, i turchi assediavano Costantinopoli, la capitale dell’Impero romano d’Oriente, un impero millenario. Quando i turchi sfondarono finalmente le porte della città ed irruppero nel cuore di quell’antichissima civiltà, l’imperatore, che avrebbe dovuto impegnarsi a difendere la città, se ne stava invece chiuso nel concistoro con i cardinali a discorrere di un tema che poi sarebbe passato alla storia: discutevano quale fosse il sesso degli angeli». Sono parole di Oliviero Diliberto, non intento in un’improbabile lezione di storia medievale ma impegnato a evidenziare l’assurdità dell’attuale diaspora comunista italiana, a partire dalla divisione dei due maggiori partiti, PdCI e PRC. «Caro compagno Russo Spena» – continua il segretario del PdCI concludendo il suo intervento – «ha ancora senso restare separati?». Non riesce a terminare l’ultima parola che scatta immediatamente l’applauso più forte e sentito della serata da parte delle oltre cento persone presenti in sala.

Un pubblico numeroso (variegato ma ricco soprattutto di giovani) quello che ha partecipato, nel pomeriggio ventoso di venerdì 21 Novembre, all’iniziativa organizzata da l’Ernesto di Urbino e dall’associazione la Macchina Mondiale presso la Sala Serpieri della città ducale. Una conferenza coordinata da Stefano G. Azzarà e che ha avuto come ospiti uomini politici e intellettuali della caratura di Oliviero Diliberto, di Domenico Losurdo, di Giovanni Russo Spena e di Sergio Cararo. Il tema all’ordine del dibattito: «Scenari della crisi globale: dal crack finanziario alla democrazia autoritaria? Trasformazioni del liberalismo».

Il compito di aprire la discussione e analizzare, da un punto di vista segnatamente economico, la natura della crisi economica odierna è spettato a Cararo il quale ha saggiamente sottolineato come, a dispetto della vulgata mainstream, il crack finanziario rappresenti solo l’epifenomeno di una crisi che affonda le sue vere radici in una recessione dell’economia reale di durata ormai decennale. Dagli shock petroliferi del ’73 e del ’79, il saggio di profitto dei paesi a capitalismo avanzato è infatti andato progressivamente diminuendo. Ciò ha provocato come conseguenza l’urgenza, da parte delle classi dominanti, di abbattere il costo del lavoro, cosa che ha innestato a sua volta una vera e propria crisi di sovrapproduzione. Gli effetti che oggi sotto gli occhi di tutti ne sono le prime conseguenze.

Russo Spena, confermando l’ottima analisi di Cararo, ha sottolineato come rappresentino una vera e propria mistificazione le spiegazioni di coloro che vedono le ragioni della crisi esclusivamente nella mera assenza di regole e controlli dell’economia. Ha continuato poi, mettendolo in connessione con i processi di abbattimento del costo del lavoro, denunciando il vero e proprio “razzismo di Stato” nei confronti dei migranti introdotto dalla “semischiavistica” legge Bossi-Fini. Essa, come altri provvedimenti del governo italiano come di altri governi occidentali, comporta una sorta di sospensione dell’habeas corpus, una misura alla quale troppo spesso ricorrono le odierne “democrazie” (basti solo pensare al lager di Guantanamo o ai nostri CPT).

La parola passa a questo punto a Domenico Losurdo che evidenzia - senza voler comunque suggerire alcun automatismo - come altre due grandi crisi economiche, quella del 1873 e quella del 1929, abbiano contribuito a far scoppiare, rispettivamente, la Prima la Seconda guerra mondiale. Nel parlare del risveglio dei popoli colonizzati, Losurdo torna poi sul nesso tra imperialismo e sottosviluppo e cita il celebre aforisma di Frantz Fanon che così sintetizzava il pensiero e l’azione dei carnefici del suo popolo: «Giacché volete l’indipendenza , prendetevela e crepate!». Losurdo si impegna perciò a dimostrare, riferendosi per esempio alle scelte adottate dal Pc cinese, come nessun paese che aspiri all’indipendenza politica possa fare a meno di quella industriale e del connesso benessere economico. Sottolinea infine come gli Stati Uniti, non più egemoni sul piano economico (come confermato dall’attuale crisi), continuino ad esserlo però su quello bellico, dato che il loro budget militare comprende ancora oggi la metà delle spese militari di tutti i paesi del mondo.

Azzarà interpella infine Diliberto che, approfondendo alcune sfaccettature d’analisi del crack finanziario e introducendone di nuove, avanza una proposta realistica e costruttiva di nazionalizzazione, per così dire, soft dei settori in crisi: «lo Stato» – dice - «non si limiti a comprare azioni delle banche ma inizi anche a sedersi nei loro consigli di amministrazione». Conclude infine con l’appello all’unità comunista di cui abbiamo parlato, lanciando un monito importante: «costruiamo, non dico un grande, ma almeno un meno piccolo» - Losurdo sorride - «Partito Comunista!».

Una giornata ventosa quella di venerdì a Urbino. Anche dentro la Sala Serpieri spirava vento. Un vento di forte cambiamento che spingeva all’unità perché…non c’è lotta senza unità e non c’è unità senza lotta!


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